
Due viaggiatrici dall’Italia all’India.
Istanbul – Georgia – Armenia – Azerbajdžan – Turkmenistan – Uzbekistan – Kazakistan – Kyrgyzstan– Kashgar (Cina) – Pakistan – India
Un anno prima, nell’aprile del 2004, Donatella Faroni ed io prendemmo una delle più belle decisioni della nostra vita, rendere reale un sogno che entrambe tenevamo custodito da tempo: percorrere per un anno strade sconosciute. Viaggiare via terra da Occidente ad Oriente lungo la mitica via della seta. Niente aerei, un viaggio lento. Un viaggio che ci permettesse di assaporare i suoni e i silenzi dei luoghi, che ci permettesse di imprimere in noi i colori e i volti delle persone che avremmo incontrato.
Un desiderio potente. Ci siamo riuscite ed è stato meraviglioso!
Ancora adesso, a distanza di tanti anni, spesso la sera prima di addormentarmi sono in Spiti, sono tra le meravigliose montagne del Pakistan, sono in una sghimbescia casa della Georgia a parlare, non si sa bene in quale lingua, ma a parlare e capirci e ridere con donne georgiane, sono in una piccola strada dell’Azerbaijan e vedo spuntare da diero una siepe delle rose, non vedo chi me le offre, vedo solo una mano e stupita, meravigliata accolgo quel dono.
Questo viaggio è stato un emozionante e potente dono.
Cosi condivido ora alcune immagini e il Serial Travel che spedimmo ai nostri amici. Difficile condividere emozioni e sensazioni, ma provate a immaginare che è stato molto molto di più!

Invisibile isola di sogno 2012
Serial Travel: prima puntata (Udine-Istanbul) 26/28 Giugno 2005
Treno Udine – Istanbul domenica 26 giugno 2005 ore 16.17 Istanbul martedì 28 giugno 2005 ore10.00
Il predellino di questo treno è la partenza, è il viaggio. Ci lasciamo trasportare ebbre di felicità in uno stato di incoscienza. Pochissime immagini fino a Belgrado, gli occhi e la mente non registrano; tempo per l’oblio del prima, ci rilassiamo finalmente, cullate nel dolce andare. È il Danubio che ci risveglia alle prime luci del mattino, limaccioso e denso; il ponte è passaggio, la periferia è Est, è la decadenza che incontreremo ancora, i ruderi di una potenza. La macchina fotografica nello zaino, nella mente immagini prepotenti; siamo altrove. Trasciniamo a fatica i nostri bagagli fuori dal vagone-letto in legno anni ’50, prima culla per questo sogno. Bagagli troppo pesanti: ignoranza del viaggiare, impareremo forse e, a poco a poco, lasceremo storie in libri nelle città.
Belgrado: stazione ferroviaria, panchine e pensiline di ferro, sgretolato cemento, biglietteria che rimbomba. Uno sguardo al fuori, due passi a turno: fardello da controllare, insicurezza dell’andare; ritorniamo al binario e, sedute, aspettiamo il Belgrado – Sofia – Istanbul. Altro vagone letto a proteggere questa partenza e sguardo oltre, incantato, sorpreso, assetato di terra e genti. Lento treno, motrici sbuffanti, attese, spazio, acqua, colline, ruderi e piccoli paesi, campi. Tramonto a Sofia, formaggio e pomodori guardando il nostro quadro in perenne trasformazione, opera d’arte di istanti.
Frontiere da smembramento, pensiero che ricorda l’orrore e si chiede non potendo capire. Ancora e spesso in questo viaggio non capiremo, stratificheremo impressioni e conoscenza, chiariremo e rettificheremo informazioni.
Necessaria lentezza del partire, attraversare, percorrere, distanza percepita, assaporata, verso Oriente

Treno Udine – Istanbul

Belgrado

Tramonto a Sofia, la natura offre bellezza al mondo
Istanbul 28 Giugno 2005

Spesso in questo viaggio troveremo impronte di antichi passaggi.
Chi ha lasciato nel fango queste scarpe?
Tracce di fatica, forse sofferenza o semplicemente una dimenticanza.
Per noi segno di ciò che dovremmo lasciare per imparare il lento percorrere.
Serial Travel: seconda puntata (Georgia) 30 Giugno 2005

Tblisi
Indescrivibile lo stupore! Siamo a Tbilisi, prepotente Est, dove tutto è tentativo di sopravvivenza, movimento, suoni, persone, caos, follia, disperazione e creatività. Birra, vodka, bancarelle di libri, profughi abcasi improvvisati venditori di strada, teatri e gallerie d’arte, antiche case ottocentesche e periferie d’epoca sovietica, religiosità, immobilità di mani che chiedono l’elemosina.
Georgia: monasteri rupestri, grotte scavate nella roccia, monaci eremiti, capelli lunghi e tunica nera, silenzio, terra. Arrocate chiese, bisbigliate preghiere e antichi canti, mani che sfiorano icone, devozione. Coltri e muri di neve sulle montagne del Caucaso, Ossezia del Sud, fango, viuzze e paesi sconquassati, rottami, abbandono, tristezza.
Georgia: infaticabile disponibilità, fragorose risate, sguardi curiosi, prorompente vitalità.
Georgia: monasteri rupestri, grotte scavate nella roccia, monaci eremiti, capelli lunghi e tunica nera, silenzio, terra. Arrocate chiese, bisbigliate preghiere e antichi canti, mani che sfiorano icone, devozione.

Musica consigliata: CSI “La terra, la guerra” traccia n 8 In viaggio
A Tblisi abbiamo avuto la fortuna di incontrare l’artista, regista Rezo Gabriadze e il suo teatro.
Stalingrad è uno dei più bei spettacoli che io abbia mai visto.
Vi consiglio un viaggio nel suo sito http://gabriadze.com/en/rezo-gabriadze/
Serial Travel: terza puntata (Armenia) 10 Aprile 2006
Visitiamo l’Armenia al ritorno dal Pakistan; dopo la pubblicazione delle vignette danesi e la maglietta di Calderoni, unitamente agli insorgenti problemi del nucleare, non ci è stato possibile ottenere il visto per l’Iran. Ci rassegnamo a volare, l’unica cosa che non volevamo fare; ipotesi originaria era passare dal Pakistan all’Iran, via Quetta, per entrare in Armenia.
Inserisco ora l’Armenia per vicinanza geografica.

Monastero di Noravank_iscrizione.
Valle del Debed, primo impatto con l’Armenia: stretta gola costellata da meravigliosi monasteri medievali fortificati, baluardi difensivi e culla della cultura armena. Potenti, articolate, essenziali architetture dove il sacro è pioggia dai tetti, terra battuta, vento che spira all’internoe fuoco di candele gialle su pietre nere.
Monatero di Tatev – Monastero di Sanahin – Monastero di Haghpat
Monastero di Goshavank – Monastero di Haghartsin (Katchgar) – Monastero di Kobayr

Ma la valle del Debed è anche primo impatto con il degrado ambientale,valle martoriata dai fantasmi di giganteschi impianti minerari:paesi dormitorio in cui la gente combatte per la sopravvivenza.Armenia: terra tormentata, identità difesa.










Alaverdi (foto 1-2-3) Passo Selim – Monastero di Tanade – Harzis – Monastero di Ormashen – Harziz – Cimitero di Noratus – _Vanadzor-Dilijan – Valle di Ormashen

Ararat, simbolo irraggiungibile; frontiere rivendicate e contese.
24 aprile: teatri gremiti, offerte di fiori, muto pellegrinaggio nell’anniversario del genocidio di un popolo che ricorda.
Paese spaccato: opulenza nelle vie di Yerevan, nei suoi caffè, nelle automobili e negozi di lusso, nel pullulare di cantieri e locali notturni; miseria nell’abbandono delle valli minerarie, nei paesi devastati dal terremoto, nelle strade dissestate, nei villaggi di montagna.
Armenia: terra tormentata, identità difesa.
Domenica delle Palme a Yerevan


Serial travel: quarta puntata (Azebaijan) 06 luglio 2005
Dalla Georgia, arrancando faticosamente sotto il sole cocente di mezzogiorno, oltrepassiamo a piedi la frontiera azera tra fila di macchine e camion. Al di là accoglienza calorosa dei presenti curiosissimi che, con grandi sorrisi, ci procurano una macchina per raggiungere il primo paese. Caricati i bagagli su un vecchio e improbabile fumante catorcio, in folle, ci si lancia lungo la discesa con il guidatore che, entusiasta, grida a tutta la fila “ITALIANSCHE, ITALIANSCHE!!!”.
Solo pochi giorni in Azerbaijan….. Seki, Lahic, paesaggi e genti di montagna ci accolgono nel primo incontro che profuma d’Oriente: antichi caravanserragli, case in pietra, anziani intabarrati hammam.
Nei vecchi memoria di atavica ospitalità di una terra crocevia di scambi e culture; nei boschi tende di profughi del Nagorno-Karabak, ferita aperta che lacera ed erge barriere.
La capitale Baku è una città priva di personalità, con un centro pseudo-europeo pieno di donne “paludate” e altre come luccicanti lampadari.Sobborghi di piccole case decrepite di fango e periferia post-petrolifera, piena di pozze di petrolio maleodoranti, impianti dismessi e trivelle ovunque.







Azerbaijan 2010 (100×120 cm dipinto su tavola)
E poi l’avventura del ferry: 54 ore per riuscire ad attraversare il Mar Caspio, tra attese infinite e incomprensibili al porto e sulla nave.
14/07/2005 Baku tentativo di partenza per il Turkmenistan con il ferry che attraversa il Mar Caspio; ci imbarchiamo il 15/07/2005 alle 16.30. Sul ponte del ferry leggiamo Kafka (America): “ (…) Attenzione che è connaturata all’esperienza dell’estero e che favorisce una contemplazione stupita per l’evidenza plastica dei gesti, per la teatralità stessa della vita umana (…)”



Serial travel quinta puntata (Turkmenistan) 16 Luglio 2005
Turkmenistan: deserto, infinito e caldissimo deserto al cui centro sorge Disneyland-Asghabat, città annunciata da porte monumentali del folle presidente Nyazov. Polizia ovunque, palazzi marmorei già cascanti, giardini lussureggianti e fontane zampillanti. E la gente, dov’è? …..

Asghabat
Asgahabat mercato
Dalla capitale attraversiamo verso nord il deserto del Karakum, il deserto delle sabbie nere (40/50 gradi all’ombra) su una scalcinata UAZ 4X4. Alla sera, alle fermata di tutti gli autobus sotto le yurte brulicanti di gente, di the verde, minestre, pane e plov, in compagnia di due donne uzbeke e di Angela, la nostra guida, ci stenchiamo a suon di brindisi con la vodka.Fuori risplende la luna nel silenzio. Fuori risplende la luna nel silenzio.

Jerbent e la nostra jeep
Atraversando il deserto del Karakum ci fermiamo a Jerbent. Donne stanno follando la lana per farne tappeti.
Il cratere di Darvaza noto anche come Porta dell’inferno. o Cancello degli inferi. I geologi lo hanno intenzionalmente dato alle fiamme per impedire la diffusione di gas metano, e si presume che stia bruciando senza sosta dal 1971. Il cratere del gas ha una superficie totale di 5.350 m².


Al confine tra Turkmenistan e Uzbekistan incontriamo le rovine di Konye Urgench che fu un’importante città sulla via della seta.

Serial travel quinta puntata (Uzbekistan) 19 Luglio 2005
frontiera … caldo … nessuno: Uzbekhistan.

Attraversiamo a piedi la frontiera tra Turkmenistan e Uzbekistan
Prima tappa Nukus, cittadina sud-occidentale nel nulla; bazar colorato, ancora semideserto, canalette d’acqua brulicanti di bambini e l’emozionante Museo Savitsky ricolmo di capolavori salvati dalla barbarie stalinista. Procediamo sulla via della seta, toccando le città carovaniere di Khiva, Bukhara e Samarcanda. Nomi antichi, cupole turchesi, ricamate moschee, madrase che riflettono il cielo, attorcigliarsi di fili e d’oro, pietre levigate percorse da secoli. Ma in noi è subito disincanto: fatica il nostro immaginario ad adattarsi alla nuova realtà di centri storici – museo, negozi di souvenir.
Collezioniamo frammenti di mosaico: i suoni, la calca, i vividi colori dei bazar, gli intricati vitali vicoli dell’antica Samarcanda, dove un lutto turchese in forma di donne ci invita ad entrare in un mondo nascosto dietro alte mura, separato, femminile. Tappeti rossi alle pareti, cuscini gialli a terra, frutta profumata, dolci, pane, speziata zuppa e the colorano un bianco, lungo, basso tavolo. In un andirivieni di visi, sorrisi, battute scherzose, sussurrate preghiere si consuma un rito funebre tra donne. A Bukhara una vecchia guaritrice impone mani e recita magiche formule scaturite all’ombra della fonte di Giobbe; pennacchi di crine di cavallo e mani simbolo dell’Islam sovrastano i sepolcreti di venerate personalità.


nelle vicinanze di Nukus a pochi chilometri dalla frontiera: MIZDAKHAN_cimitero e mausoleo
http://www.savitskycollection.org/
Il Museo d’arte statale intitolato a I.V. Savitsky (abbreviato Karakalpak State Museum of Art, Nukus Art Museum) è uno dei più grandi musei dell’Uzbekistan. La collezione del museo è riconosciuta come la seconda più grande al mondo per importanza e volume tra le collezioni di opere d’avanguardia russe, così come la migliore collezione d’arte nella regione asiatica.



Khiva

Bukhara, Madrasa M. RAKHIM KHAN
BUKHARA Minareto e Moschea KALON

Si gioca a calcio nel cortile della Moschea Colon e qualcuno assiste o si riposa

Bukhara: città vecchia
Samarcanda Madrase e Moschee
e il grande mercato di Samarcanda
Invito ad un funerale. Passeggiamo per le vie della città vecchia di Samercanda, ci colpisce un cortile dove alcune donne prevalentemente vestire di azzurro si aggirano parlando sommessamente; ci soffermiamo un attimo incuriosite, ma discrete. Le donne si accorgono della nostra presenza e ci invitano in casa. Lì un ricco banchetto ci attende fra tappeti e cuscini. Capiamo dopo un po’ che sitrata di un funerale di un’anziana parente. Battute e sorrisi scherzosi si alternano a un velo di tristezza e amore.

e poi salutandoci desiderano una foto con noi, così per lasciarci un’immagine, un ricordo di un meraviglioso incontro.

per le vie di Samarcanda


Serial travel sesta puntata (Kazakhstan) 05 Agosto 2005
Non potendo attraversare la Valle di Fergana perchè ci sono delle rivolte e delle violente repressioni, anticipiamo l’ingresso in Kazakhstan, alla ricerca di un’oasi di pace….. Aksu-Zabaghly, riserva naturale tra le montagne, dove ci avvitiamo per una settimana. Tre giorni magnifici a cavallo all’interno della riserva, dormendo in un bivacco nel silenzio. Petroglifi a 3700 metri ai piedi di un ghiacciaio!!! Al ritorno, come vecchi cowboys, sfidiamo la tempesta che improvvisamente si abbatte su di noi.






A malincuore lasciamo la nostra tana per recarci in capitale Almaty (a far che, non si sa!!!!: in realta’ l’idea originale era svalicare verso il Kyrgyzstan a cavallo, ma Michi soffre di piaghe al culo!!!! 42 Km per la prima volta a cavallo lasciano il segno!!!!….. e Tella non ha muscoli!!!!!).
Il viaggio in treno, comunque, meritava: vagone-letto, nel senso che nella carrozza, priva di divisorie, erano stipate circa 80 cuccette.
Variegata umanita’ itinerante!
Domani svalichiamo in autobus verso Bishkek….. in Kyrgystan
Serial travel settima puntata (Kyrgystan) 15 Agosto 2005

Bishkek, capitale kyrgysa, frammenti di Russia mescolati a karaoke e fotografi di strada, immancabili fiori di plastica e palloncini.E poi il parco Panfilov! Sovrapporsi di stonate canzonette amplificate, profumo di carni arrostite a vampate, vociare, giostre antidiluviane di latta.
La migliore: scimmia su missile in abito bianco con scarpe da ginnastica e sigaretta, satirica immagine della sposa che gira vorticosamente sulla giostra accanto. Ci si avventa sul solito “shashlyk”, ovvero spiedino di carne di pecora sommerso da cipolle crude, accompagnato da birra e patatine fritte vere. Attendiamo il degrado dei denti per poterli sostituire con quelli d’oro, tanto di moda qui, e potervi cosi’ abbagliare al nostro ritorno con un sorriso luccicante!!!!
…..Kyrgyzstan, colorata terra di laghi, montagne, torrenti impetuosi, pascoli, yurte, cavalli liberi, pazienti pastori.
Lago Song Köl, 4000 m. Tramonto più che da cartolina e stellata sferica, con la Via Lattea che sembrava proiettata dalle montagne. La cucina è ottima, tanto che passiamo un’ora al caldo della stufa, alimentata a sterco, a guardare incantate Asara, la nostra ospite, che confeziona “pelmenj”, raviolini ripieni di carne di pecora e cipolla. Nel frattempo ci slappiamo una scodella di panna spalmata sul pane caldo
Kochkor: festa nazionale dell’indipendenza. Tutto il paese si riversa nelle strade sfoggiando gli abiti migliori; bambine agghindate con fiocchi di tulle bianco e vestitini dorati pisciano in gruppo in attesa di sfilare. Nel pomeriggio siamo a Bishkek, dove una folla inimmaginabile cammina per il centro cittàe lungo il parco in un silenzio irreale.
Sgangherata jeep, brandelli d’asfalto come lenzuola su cui posare ad essiccare semi di girasole, arcaica laboriosità contadina. Lasciamo così la valle di Fergana, per immetterci lungo uno sterrato che si inerpica fra brulle montagne.Antichi gesti accompagnano il tragitto: vodka e pane propiziatori ai piedi di un albero infiocchettato, canti, ancora vodka, panna e the nella consueta ospitalità degli stanziamenti temporanei dei nomadi.
Poi, dalla sonnacchiosa cittadina di Kazarman, la salita a cavallo su ripidi pendii, attraverso arbusti spinosi o tra ghiaioni scoscesi, verso la conca di Saimaluu – Tash, che ospita l’immenso affresco di millenarie simbologie ncise su pietre nere, in un’impalpabile atmosfera carica di spiritualità.
Crepuscolo e silenzio,interrotto solo dallo scalpiccio dei cavalli, ci conducono alle rive del fiume a fondovalle. Nel buio, richiami di pastori, rumore di zoccoli nell’acqua e sulle pietre, sentieri impressi nella memoria.
Accurata scelta del taxi per affrontare la prima tappa in direzione Cina. Dopo 35 km su 180, primo cedimento della luccicante “Volga”; con indifferenza, scendiamo e spingiamo. A metà strada, dopo sette ore di incalcolabili interventi di meccanica e spinte, la “Volga” ci lascia definitivamente. Con una jeep affamata di denaro, tra pacchi, vettovaglie e pezzi di ricambio, arrancando e zigzagando, raggiungiamo il paesedi Sary Tash, dove trascorriamo i due giorni successivi.
La mattina del terzo giorno inizia la ricerca del camion che ci permetterà di raggiungere la Cina. Avevamo già notato molti sgangherati “Camas”, sovraccarichi di rottami di ferro,procedere a passo di lumaca verso i valichi. Cornetti, dita incrociate e formule scaramantiche non hanno mutato il nostro destino: velocità media 12 km/h!!!
Plumbee nubi nascondono il panorama,il rimorchio, ogni volta che sprofonda in una voragine, cerca posto a sedere o tenta di riposarsi sul ciglio della strada, disseminata di camion a fauci spalancate. A chi mai sarà venuto in mente di asfaltare gli ultimi 20 km?!
E per quale sfiga sconosciuta hanno aspettato proprio noi per completare l’ultimo?!
Ci dedichiamo alla pratica contemplativa del rullo compressore,che ci ipnotizza
Rombi di motore ci destano, dopo sei ore, dallo stato di catalessiil “Camas”, ringalluzzito, volteggia sul liscio asfalto e il rimorchio ora tenta spericolati sorpassi;ma giunge secondo al traguardo tra una fitta ala di vagoni, baracche, camion parcheggiati.
Che sia la frontiera?
Frontiera kirghisa-frontiera cinese.
Non c’è molto da dire: 7 km – 7 ore!
La maledetta ora di Pechino si pensa sia all’origine del delirio: apre la frontiera kirghisa, chiude quella cinese e viceversa.

Lago Song Köl, 4000 m ovvero meraviglia!
Torniamo in “città” a Karakol dal lago Song Köl , lasciamo i cavalli mansueti che ci hanno accompagnato attorno al lago con dolcezza; anche Michela è riuscita con loro a fare il suo primo galoppo. Lasciamo Asara e i suoi fantastici ravioli, la stufa calda, le chiacchere senza una lingua comune, ma ricolme di sorrisi e comprensione; lasciamo la neve inaspettata al mattino di agosto e porteremo sempre in noi il ricordo di un luogo dell’anima.

Karakol mercato del bestiame
Bar del mercato di Karakol

Kochkor e Bishkek Festa Nazionale dell’Indipendenza 31 Agosto 2005
Ci dirigiamo verso Jalal-Abad per visitare il sito d’arte rupestre di SAIMALUU-TASH dove si trova una delle più grandi collezioni di petroglifi del mondo. Lungo la strada incontri colorati dai girasoli, una sorgente sacra con albero infiocchettato di brandelli di stoffa (capiremo poi che servono di buon auspicio per la strada del passo che effettivamente è da brividi) e qui l’immancabile brindisi con la vodka e del buon cibo in una trattoria temporanea.


A cavallo verso SAIMALUU-TASH, ed ecco la meraviglia: centinaia di incisioni rupestri su pietre nere lucenti.
12 settembre 2005, il nostro visto sta per scadere perciò ci dirigiamo verso Sary Tash ultimo paese kirghiso prima dell’Irkeshtam Pass che attraveseremo per arrivare a Kashgar in Cina. Qualche problemino con al taxi ci permette di incontrare una famiglia nomade.

Paese di Sary Tash al confine tra Kirgystan, Tajikstan e Cina

12 settembre 2005, plumbee nuvole inconbono nel cielo, noi sulla strada per Kashgar (Xinijang – Cina)


Trascorriamo la notte dormendo in una baracca alla frantiera dell’Irkestam Pass, domani sarà, a fatica, Cina.